Il genere horror, che non suscita solo paura ma descrive la realtà odierna
C’è una soglia, sottile come la nebbia di novembre, che separa la paura dall’intuizione. L’horror va ben oltre quel classico “brivido lungo la schiena”, o magari un urlo nella notte, un cuore che batte all’impazzata nel buio. È, spesso, uno specchio scomodo. Uno specchio che riflette ciò che preferiremmo ignorare: le nostre angosce più intime, i mali della società, le crepe nel rassicurante volto del quotidiano. Il genere horror non parla solo di mostri: a volte li rivela.
Questa consapevolezza ha iniziato a farsi strada anche tra i lettori più attenti, che cercano nella narrativa qualcosa di più profondo del mero intrattenimento: emergono figure come quella di Cristiano Venturelli, autore di racconti, antologie e romanzi di genere horror-soprannaturale, che nel buio delle sue trame lascia intravedere una luce: quella della verità, per quanto disturbante possa essere.
Il genere horror, dagli inizi a oggi
Tutto ebbe inizio con un sussurro. Forse fu il vento tra i rami secchi, forse una storia raccontata attorno a un fuoco. Da sempre, l’essere umano ha avuto bisogno di affrontare le proprie paure, e ha trovato nella narrazione il modo più sicuro per farlo. Il genere horror nasce da questo bisogno ancestrale: dare forma al terrore, controllarlo, raccontarlo.
Dal gotico di Mary Shelley e Bram Stoker, passando per l’inquietudine psicologica di Edgar Allan Poe e la suggestione simbolica di Shirley Jackson, fino ad arrivare alla crudezza moderna di Stephen King o Clive Barker, il genere horror ha continuamente mutato pelle. Non più castelli infestati o creature soprannaturali, oggi l’orrore si annida tra le mura domestiche, nei rapporti di potere, nella solitudine delle metropoli.
Questa evoluzione non è casuale. Il mondo è cambiato, e con esso le nostre paure. I fantasmi del passato hanno lasciato il posto a quelli del presente: il controllo sociale, l’intelligenza artificiale, le crisi ambientali, la disumanizzazione delle relazioni. Il genere horror ha saputo adattarsi, continuando a fare ciò che sa fare meglio: raccontare ciò che ci tormenta, anche se non abbiamo ancora trovato le parole per dirlo.
L’horror non descrive solo le nostre paure, ma la realtà
C’è una verità scomoda: il terrore più grande non viene dai mostri, ma dagli esseri umani, ed è questo che rende il genere così potente. Quando un racconto ci toglie il respiro, non è per la creatura che esce dall’armadio, ma per la consapevolezza che quella creatura rappresenta qualcosa di reale: un sistema che ci opprime, una società che emargina, un dolore che conosciamo bene. Pensiamo alla metafora struggente del film Babadook: il famoso “mostro in soffitta” che diventa la spiegazione del lutto non elaborato.
Per questo motivo, l’horror può essere anche un atto di denuncia. Una forma letteraria, ma anche cinematografica, che scuote, più che rassicurare. Scrivere (e leggere) horror oggi significa scavare sotto la superficie, smascherare le ipocrisie, parlare di ciò che non si può dire apertamente. L’abuso, l’emarginazione, il fanatismo, la solitudine: questi sono i veri demoni, e il genere horror li affronta senza paura.
Così i lettori di oggi non sono spettatori passivi, ma testimoni che vengono coinvolti, toccati e messi di fronte alle verità che non si possono ignorare. Il brivido diventa empatia, lo spavento si trasforma in consapevolezza. Ecco perché questo genere continua a crescere, ad attrarre, a evolversi: perché risponde a un bisogno urgente, quello di capire il mondo attraverso le sue ombre.
Cristiano Venturelli, l’autore di genere horror-soprannaturale
C’è chi scrive per evadere dalla realtà. E chi, come Cristiano Venturelli, scrive per attraversarla. Modenese di nascita, carpigiano d’adozione, Venturelli è uno scrittore di opere horror-soprannaturali piuttosto atipico. Perché usa questo termine? Perché seppur popolate da fantasmi, demoni, angeli, vampiri, le sue storie affrontano argomenti reali che popolano la vita di tutti i giorni di ognuno di noi: carrierismo spietato, omofobia, tossicodipendenza, educazione religiosa distorta, l’amore filiale. Il suo orrore non è un trucco scenico, ma una lente per leggere ciò che ci circonda.
Dietro ogni pagina, c’è un’urgenza narrativa che si percepisce forte. Dopo aver cominciato a scrivere nel 2019, Venturelli ha intrapreso un percorso intenso e prolifico. I primi riconoscimenti non tardano ad arrivare: racconti come Mimetica e La donna velata si fanno notare in concorsi nazionali, per poi essere inclusi nell’antologia Word’s Salad. Da lì, una serie di pubblicazioni: dall’antologia Il Sospiro del Mistero al thriller soprannaturale Beatrix, fino a Sussurri dalle Tenebre, raccolta che conferma il suo stile inconfondibile.
Ma ciò che colpisce maggiormente in Venturelli non è solo la capacità narrativa, quanto l’intenzione etica. Nei suoi testi, l’orrore non è mai fine a sé stesso. È sempre uno strumento, un mezzo per far emergere le tensioni e le contraddizioni della società contemporanea.
Così il genere horror riscopre la sua funzione più nobile: raccontare ciò che ci circonda attraverso simboli potenti, storie dense, atmosfere che scuotono. Scrittori come Cristiano Venturelli ci mostrano che il vero orrore non è nei mostri inventati, ma nelle distorsioni reali che il nostro tempo ci impone. E ci invitano, con coraggio e lucidità, a non chiudere gli occhi. Perché la paura, quando ben raccontata, è uno strumento per capire. E talvolta, per cambiare.
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