Il Realismo Terminale di Stefano Torre: la quotidianità vista con versi autentici
La poesia non è una scienza. Lo sanno i poeti di tutti i tempi e lo conferma uno dei più illustri e rivoluzionari di sempre in una sua raccolta. Parliamo di E.E. Cummings, il quale diceva che due più due non fa quattro: “Is 5”, sosteneva, ovvero, è cinque il risultato, e in quanto tale può essere uguale a qualsiasi cifra possibile, compreso quattro in realtà, esplorabile attraverso un gioco di versi.
La poesia, vista da un simile angolo privilegiato, è anche scienza: non a caso lo stesso Cummings ha sperimentato nuove regole di metrica.
Premesso che si potrebbe discorrere a lungo su cosa sia e non sia poetico, una cosa è certa: quest’arte riflette lo spirito dei tempi, incarnandolo alla perfezione grazie all’imperfezione e trovando ogni volta spunti di descrizione, ispirazione, riflessione.
È in un simile contesto che vi parliamo di un Poeta Realista Terminale, Stefano Torre, esponente di una corrente nata piuttosto recentemente, negli anni Duemila per l’esattezza, sotto l’impulso di un altro poeta e scrittore: Guido Oldani. Il nome del movimento letterario, come forse avrete intuito, è Realismo Terminale e ci apprestiamo a raccontarvi qualcosa di più, concentrandoci sull’opera di Stefano Torre, che l’ha interpretato in maniera autentica e con un tocco personale, non diversamente da quanto fatto dagli artisti in altri momenti storici.
I canoni del realismo terminale
Come abbiamo avuto modo di accennare poc’anzi, il Realismo Terminale è una corrente letteraria che prende forma a partire dagli anni Duemila e che ha il suo esponente più conosciuto in Guido Oldani. Il movimento ha come canone principale un certo modo di raccontare la complessità della realtà attuale, cosa che fa attraverso una scrittura diretta, nuda e cruda.
Si pone, così, in continuità con altri stili precedenti: basti pensare agli Haiku del Giappone del XVII secolo, o all’Ermetismo di Ungaretti. L’oggetto principale di osservazione è la condizione dell’uomo che vive nelle città, diventata ormai endemica nell’epoca contemporanea, molto più di quanto non sia avvenuto nel recente passato. Un simile processo ha portato a un distacco tra uomo e natura, focalizzando l’attenzione proprio su un certa urbanizzazione.
Come si traduce tutto ciò nella poesia? In una diversa espressione della retorica e in particolare di tutto quanto ruota al confronto, per dirla in un modo più vicino al pensiero di Lucie Olbrechts-Tyteca, sapientemente espresso in una delle opere più importanti della nuova retorica: “Il trattato dell’argomentazione”.
Negli autori del Realismo Terminale la metafora trova fondamenti diversi, così come la similitudine. Entrambe vengono rovesciate. Significa, sostanzialmente, che non è più la natura l’elemento di paragone con l’oggetto, ma il contrario: è la natura ad assomigliare all’urbano, il cane da caccia a correre veloce come una Ferrari, potremmo dire. È questo lo sguardo attraverso cui viene raccontato il mondo negli artisti terminali.
Il realismo terminale di Stefano Torre, a confronto con gli altri esponenti
Gli artisti del Realismo Terminale descrivono la realtà per quello che è, senza orpelli e senza decori. Lo fanno partendo da una visione pessimistica del mondo, a fronte di un Nichilismo puro e autentico dove domina la mancanza di un Dio, in maniera assoluta. Il linguaggio si adatta a tutto questo e non può che essere fatto di frasi brevi, ridotte all’osso, dure, concrete, eppure rigorose, grazie all’utilizzo prevalente di una metrica in endecasillabi. Frasi che parlano da sole e catturano l’attenzione.
Questo modo di raccontare prende forma dalla quotidianità, influenzata dalla comunicazione sui social e dal bombardamento di informazioni a cui tutti siamo sottoposti. Fattori che provocano a loro volta una scarsa attenzione: il lettore comune va di fretta e il Poeta del realismo terminale lo sa, non rinuncia a catturarne, stimolarne l’interesse.
Questo è lo stile di Oldani, ma anche di Stefano Torre, che tuttavia si concede componimenti più lunghi, aggiungendo al suo linguaggio un connubio tra aulico ed ermetico, realizzato attraverso l’utilizzo della Similitudine Rovesciata. È così che racconta la vita, la società, nella sua autenticità e con le sue contraddizioni. Persino nelle sue disuguaglianze.
Una Poesia Sociale, presente in altri autori come, oltre a Oldani, Tania Di Malta e Giuseppe Langella, da cui emerge una narrazione frammentata e all’antitesi della linearità, fatta piuttosto di immagini che compongono un quadro di insieme che però trova una sua strada, autentica e comprensibile oggi.
È così che il Realismo Terminale si pone come reazione alla letteratura più tradizionale e romantica, contribuendo a narrare la realtà vera, quella concreta, focalizzandosi sulle tematiche che sono davvero importanti. Il fine è il confronto, il dibattito critico, nell’intento di stimolare una riflessione sulla cultura e società in cui viviamo. Ritroviamo, dunque, un filo che sembra perdersi tra le maglie di una frenesia impotente.
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